I dati 2018 parlano di flessione contenuta, ma nei prossimi due anni bisogna arrivare a un deciso cambiamento di rotta. Federazione e Circoli, nessuno è immune da responsabilità.

Il golf italiano ha chiuso il 2019 con 90.229 tesserati, contro i 91.165 registrati il 31 dicembre 2018. In dodici mesi i golfisti Made in Italy sono calati di 936 unità, un segno meno che per i pessimisti evidenzia una mancata crescita, mentre per i realisti sta a significare una discreta tenuta nonostante la crisi economica che ha coinvolto il nostro Paese.
Davanti a questi dati sarebbe fin troppo facile mettere sotto accusa la Federazione, e lo scrive uno che non ha mai risparmiato critiche alla Fig. Quando si parla di numeri, però, è necessario analizzare bene ogni casella, se non altro per evitare di essere disfattisti a tutti i costi.
In termine di numeri è fuori discussione che il calo (sensibile) c’è stato, ma per spiegare le 936 tessere in meno non bisogna arrampicarsi sui vetri: basta guardare i dati delle prime quattro regioni in ordine alfabetico e ci si accorge che i tesserati in meno sono tutti (o quasi) concentrati lì. Meno 434 in Campania, meno 224 in Basilicata, meno 33 in Calabria, meno 15 in Abruzzo: totale 706 golfisti svaniti nel nulla. A questo aggiungiamo gli inaspettati meno 420 della Liguria, il meno 390 del Lazio, il meno 335 della Lombardia e il meno 103 del Piemonte che portano ad un totale negativo di 1.904. Otto regioni in rosso che per fortuna sono state ammortizzate da altre in crescita, a cominciare dalla Toscana che ha fatto registrare un segno positivo di +265.
A questo punto ognuno è libero di emettere le sue sentenze e già immaginiamo il coro di negatività contro la Federazione: ma siamo sicuri che le colpe siano tutte e solo della Fig? Spesso ilgolfonline.it non ha risparmiato critiche e punzecchiature a chi gestisce il palazzo, ma adesso, stanchi di ascoltare le lamentele di alcuni attori importanti (i circoli) non siamo così più sicuri del fatto che ci sia solo un colpevole. Ammesso che di colpevoli si possa parlare.
Domanda: chi è preposto a creare nuovi golfisti? Chi deve generare situazioni positive che portano a fidelizzare quelle persone che iniziano a giocare, ma troppo in fretta se ne vanno? Questi sono argomenti su cui riflettere e dovrebbero farlo soprattutto i circoli, molti dei quali più che lamentarsi non sanno fare. Abbiamo constatato di persona che in Club blasonati fanno fatica ad accettare di buon grado nuovi giocatori, peggio ancora se sono ragazzini. In altri, più piccoli, il tesseramento dei neofiti, per fortuna, è visto come un dato positivo. Bisogna ripartire da qui, bisogna incentivare chi “costruisce” nuovi golfisti.
La Federazione non ha voce in capitolo sulla gestione dei circoli, che a loro volta lanciano strali al Palazzo non appena le cose non vanno come certi presidenti vorrebbero. La Fig, però, una cosa la può fare: incentivare i Club che nell’arco dell’anno aumentano il numero dei praticanti.
Dal 2007 al 2011, anno dopo anno, in Italia i golfisti sono sempre aumentati; nel 2012 il numero dei tesserati ha tenuto, poi è iniziata una lenta discesa, forse anche coincisa con chi non ha saputo adeguarsi alla crisi economica del Paese. Con la diminuzione di circoli (molti hanno chiuso i battenti) e il dilagante pessimismo generale, lo scorso anno poteva anche andare peggio: così non è stato, ma adesso è arrivato il momento di pensare veramente al futuro del golf italiano. Serve quanto prima un tavolo di lavoro dove la Federazione e i circoli trovino una strategia comune.
Se vogliamo parlare di sviluppo e amiamo guardare in casa dei vicini solo quando ci fa comodo, ricordiamoci che la tanto decantata Francia il suo boom di tesserati non li ha avuti nei cinque anni precedenti alla Ryder Cup ospitata a Parigi, bensì negli ultimi dodici mesi che hanno preceduto il grande evento. Se tanto di ma tanto, la speranza è che questo possa accadere anche in Italia, e se così fosse la vera partita inizia quest’anno e terminerà nel 2022. Da qui a quella data tutti devono rimboccarsi le maniche: dal presidente Chimenti, non fosse altro perché è lui a comandare; dai consiglieri Federali che non dovranno più timbrare solo il cartellino prima dei Consigli Federali, ma mettere nuove idee sul tavolo; ai Circoli che devo iniziare a capire che le sole lamentele non faranno aumentare i soci. Soci che a loro volta chiedono impianti adeguati, servizi e cortesia all’altezza dei costi che sostengono. E a proposito di spesa, meglio non dimenticare che i tempi delle vacche grasse sono finiti.
Se ci sarà collaborazione tra tutte le componenti, la sfida – difficile ma non impossibile – potrebbe anche portarci ad un risultato che oggi sembra molto difficile da raggiungere.

Maurizio Bucarelli

I TESSERATI AL 31 DICEMBRE 2019