Il grande salto della 22enne Ludovica: da Siracusa a Washington per amore del golf. Le prime esperienze con il Pitch & Putt, per arrivare, storia di questi giorni, al “Ricoh Womens British Open”, il quarto dei cinque major 2018. Dopo la laurea al College Park, la giocatrice azzurra punta a diventare professionista negli Stati Uniti. La sua storia, i suoi successi e il desiderio – un giorno – di potere stringere la mano a Francesco Molinari.

La verità è che una gioia non finisce mai e nemmeno si rottama. E Ludovica Farina, stella emergente del golf italiano al femminile, ne sa qualcosa. Giocare il primo major della sua vita, il Ricoh British Open, non è cosa di tutti i giorni. E poi ci sono i suoi occhi raggianti sotto l’immancabile frangetta bionda a testimoniare la felicità di chi, a 22anni, ha già conquistato tanto nella vita, non solo a livello sportivo.
Sì, perché lei, Ludovica Farina, ci ha messo veramente poco a crescere. Nata a Siracusa il 20 febbraio1996, a soli cinque anni la piccola “Ludo” aveva già i ferri in mano; a otto sbalordiva chi la vedeva cimentarsi al “Picciolo”, a 11 vinceva il primo titolo italiano e a 12 era già una “giramondo”, con una prima tappa (2011) a Villa Condulmer dove è rimasta fino al 2015 lasciando un segno importante: cinque titoli a squadre in cinque anni.
“A quei tempi l’orgoglio di essere la prima giocatrice di golf del Sud ad approdare in nazionale, si scontrava con i tanti impegni lontano da casa – racconta Ludovica -. Weekend passati sugli aerei e trasferte massacranti, perché ieri come oggi le gare si giocavano e si giocano sempre al Nord. Da qui la decisione di trasferirmi, sia per giocare, sia per studiare. Lasciare la mia terra a soli dodici anni da una parte è stato un piccolo trauma, dall’altra, però, mi ha fatto crescere velocemente e oggi posso dire che quella scelta mi ha aiutato anche a fare il secondo grande salto della mia vita: trasferirmi negli Stati Uniti”.

Prima di riavvolgere il breve ma intesto filmato della sua vita, vale la pena rimanere per un attimo al presente, all’attualità d’inizio agosto che ha avuto come palcoscenico il percorso del Royal Lytham & St. Annes Golf Links, a Lytham St Annes, in Inghilterra.

Ludovica Farina con Isabella Holpfer

“Erano due anni che puntavo a superare le qualificazioni per il British Open – racconta dalla sua camera dell’Università – ; c’ero già andata vicina nel 2016, ma quest’anno ho coronato il mio sogno e credo di essermi fatta uno dei regali più belli della mia vita”.
“Adesso posso anche ridere e scherzare – dice “Ludo” -, ma vi assicuro che sul tee della buca uno tremavo come una foglia. Il primo turno l’ho superato per un soffio, poi il secondo è andato via liscio con 18 buche chiuse giocando un grande golf, preludio al playoff con la grande star americana Paula Creamer”.
Una impresa che non poteva passare inosservata alla nostra Federazione che la sera del 4 agosto, sul sito ufficiale scriveva: “la dilettante Ludovica Farina, 139ª con 157 colpi (73, 84, +13), si è fermata dopo 36 buche nel Ricoh Womens British Open, il quarto dei cinque major stagionali femminili. Unica italiana in gara, ha fatto comunque una prodezza guadagnandosi un posto nel field in prequalifica, superando poi uno spareggio nel quale è rimasta fuori una campionessa come Paula Creamer”

Ma torniamo alle origini per raccontare come la piccola “Ludo” sia stata capace di diventare la campionessa Ludovica Farina. “Praticamente ho iniziato esercitandomi con il Pitch & Putt, anche perché le caratteristiche del campo dove mi allenavo con mi consentivano di fare diversamente – racconta -. Un campo pratica di 150 metri per 50, con palle rigorosamente compresse e un canestro che ho fatto costruire appositamente. Questa fase mi ha aiutato nel gioco corto? Sicuramente sì, anche se poi i pregi del Pitch & Putt si scontrano inevitabilmente con alcuni lati negativi. Tutto sta avere costanza negli allenamenti e io oggi posso dire di non essere una giocatrice che la tira lunga, però sono forte nel gioco corto. Dove faccio la differenza? C’è una statistica in cui emerge che quest’anno ho centrato il 97 per cento dei fairway. Non male, vero?”.
Restando alle origini non possiamo certo dimenticare “I Monasteri Golf Resort”, il circolo che l’ha vista protagonista all’inizio, punto di riferimento durante gli anni in cui era tesserata a Villa Condulmer e dove ancora oggi si allena quando rientra in Italia.
“Sì, devo molto ai “Monasteri”,  così come a Giuseppe Marra. Mi hanno sempre supportata dandomi un grande aiuto anche nei momenti più difficili. A volte, quando abbiamo qualcosa di prezioso, diamo talmente tutto per scontato che finiamo per sottovalutare certi aspetti. In alcune mie interviste è capitato di dimenticarmi di loro, ma questo non significa che non sia riconoscente. Anzi”. 

Gare di circolo, titoli italiani individuali e a squadre, molti piazzamenti internazionali di rilievo: c’è una gara un successo a cui si sente particolarmente legata?
“Innanzitutto vorrei ribadire che essere da dice anni una giocatrice della Nazionale mi riempie d’orgoglio. La maglia azzurra mi ha dato tanti privilegi e molte opportunità. Se poi vogliamo entrare nel dettaglio, allora dico di sentirmi molto legata al Campionato baby vinto nel 2008, questo senza nulla togliere alle altre competizioni vinte, ma anche dove ho ottenuto solo piazzamenti”.
E il sogno americano?
“Non ci ho mai pensato fino al 2013, quando arrivò una prima offerta. Non feci grandi salti di gioia, anche perché non mi sentivo pronta, tanto è vero che rifiutai”.
Cosa che non facesti due anni dopo, nel 2015.
“A 19 anni era arrivato il momento giusto; mi offrirono una borsa di studio per meriti sportivi e così mi trasferii al College Park, poco distante da Washington, dove sto per finire la prestigiosa università del Maryland”.

A luglio la stampa internazionale ha scritto: “Ludovica Farina, atleta di punta della nazionale italiana di golf, quasi una mosca bianca in un contesto federale composto da soli atleti del Nord, ha saputo farsi strada vincendo campionati italiani e gare internazionali in Europa. Segnalata da un talent scout del Maryland, nel 2015 le è stata fatta una proposta con un contratto di borsa di studio completa di cinque anni al College Park. A diciannove anni ha fatto le valigie e ha attraversato l’Atlantico e anche qui è riuscita a ricreare quel suo spirito costruttivo diventando il capitano della squadra universitaria. Per queste sue capacità, a Ludovica Farina, lunedì 7 maggio, è stato consegnato il TerpsAward 2018, la statuetta dell’Oscar che il Dipartimento Atleti dell’Università assegna ad ogni fine anno accademico per solennizzare i risultati conseguiti”.

Ludovica, la motivazione lascia senza parole: “Congrats to Ludovica Farina for winning the Founders Award at the #TerpAwards! This award goes to a female student-athlete whose commitment and dedication is an inspiration to teammates, coaches and all students, che tradotto vuol dire congratulazioni a Ludovica Farina per aver vinto il Founders Award al #TerpAwards! Questo premio va a una studentessa-atleta il cui impegno e dedizione è fonte d’ispirazione per i compagni di squadra, gli allenatori e tutti gli studenti. Cosa significa per te tutto questo?
“Beh, direi una grande e bella soddisfazione, non crede? Queste sono cose che non dimenticherai mai e che continuerai a custodirle nel tuo cuore ”.
Adesso cosa dobbiamo aspettarci da Ludovica Farina?
“Di sicuro una laurea, poi voglio diventare professionista qui in America. In Italia il golf femminile non ha futuro. Qui è tutto diverso, perché diversa è la mentalità e la cultura sportiva. In America vedo giocatrici, anche giovanissime, che sono autentiche macchine da guerra. C’è competitività, ci sono gare importanti e le donne che praticano il mio sport sono considerate e apprezzate”.
Come dire che in Italia il golf femminile non è considerato?
“Questo lo lascio dire a lei?”
E di Francesco Molinari cosa mi dice?
“Un grande. Pensi che fino poco tempo fa, ad ogni intervista che mi facevano qui in America o anche solo parlando con gli amici, dicevo che il mio giocatore preferito era Francesco Molinari: tutti mi guardavano perplessi chiedendomi anche chi fosse questo Molinari. Poi sono arrivati i grandi successi di Chicco, non ultima la vittoria ottenuta proprio qui a Maryland, e tutti mi hanno chiesto scusa per avere sottovalutato le mie parole. Francesco l’ho conosciuto solo di striscio ma sarebbe bello, un giorno, potergli stringere la mano. Chissà se ci sarà un’occasione”.
A 12 hanno ha lasciato la Sicilia, a 19 l’Italia: non le manca qualcosa?
“Certo, mi manca l’Italia, Siracusa, gli amici, il cibo e la mia famiglia. Qui farò la professionista di golf, ma una cosa è certa: prima o poi torneo a vive in Italia”.
Una lunga chiacchiera in lingua italiana che finisce qui: forse era meglio dialogare e raccontarsi in lingua inglese?
“Allora anche lei ha notato la mia fatica a trovare alcune parole giuste? Mi succede quando torno qui, soprattutto nelle prime settimane. Mi calo nella parte e penso solo all’inglese. In estate, a casa mia, riesco comunque a parlare fluidamente l’italiano e in ogni caso parlo bene entrambe le lingue e questo è un altro valore aggiunto di un’esperienza che mi sento di consigliare a qualsiasi giovane”.
Ai giovani consiglia anche il  Pitch & Putt?
“E perché no. Essere bravi sul gioco corto è un bel punto di partenza…”.